Dalla sensomotricità al simbolismo
Abbiamo visto nella prima conferenza che se si cerca di dare un'ampia definizione di musica, possiamo dire che si tratta di un'attività di produzione del suono che passa attraverso un'esperienza sensomotrice che si può sviluppare per proprio conto qualora si abbiano a disposizione dei dispositivi che aiutano, e, successivamente, questa produzione si arricchisce di una dimensione simbolica.
In generale, se parliamo della definizione di musica, i suoni hanno un senso, i significati simbolici variano da una cultura all'altra, ma la dimensione simbolica è un fatto generale. Poi viene una forma di organizzazione regolamentata. Ma per ora parleremo del passaggio dall'attività sensomotrice a quella simbolica. Ciò che ci interessa è che questa ampia definizione del concetto musica coincide con le forme di gioco della prima infanzia presenti soprattutto nella teoria di Jean Piaget. La teoria è successivamente stata messa in discussione per quanto riguarda le fasce d'età, ma l'idea che gioco passi inizialmente dalla sensomotricità, arrivi successivamente al simbolico e infine al gioco di regole è un processo che possiamo considerare sicuro.
Vediamo come si va dalla sensomotricità al gioco simbolico. La prima cosa che succede quando un bambino ascolta un suono, per esempio, questo (Delalande ha in mano un regolo in legno che striscia fortemente sul tavolo) si produce una ‘forma' che puo facilmente richiamare il gesto che ha prodotto quel suono. I bambini dai 3 ai 6 anni - abbiamo fatto questa esperienza - sono capaci di scoprire il gesto che produce quel suono; loro sanno esattamente che all'inizio bisogna spingere con molta forza l'oggetto e che poi bisogna accelerare il gesto. Lo sanno e sono in grado di riprodurre l'azione. La statistica è significativa.
Al contrario se chiedi ai bambini di produrre dei suoni lunghi e corti, non sono capaci di farlo: a tre anni trovano ancora delle difficoltà. La distribuzione temporale delle durate arriva più tardi. Questo è stato utilizzato come test per l'apprendimento della lettura.
Il fatto che il bambino riesca a scoprire come fare certi suoni immaginando e imitando il gesto ci spiega che quando si ascolta una musica si può facilmente indovinare la forma dei gesti. Dopo di che è possibile rifarli (Delalande fa ascoltare una registrazione di rumori rassomiglianti a quello da lui prodotto con il regolo sul tavolo insieme a un assolo di violoncello).
Questi suoni possono essere indovinati e riconosciuti anche da bambini di 3 anni i quali sanno come si producono perché l'hanno già sperimentato in precedenza.
A partire da ciò si può comprendere, allora, una delle forme dell'“espressione” musicale: l'esperienza sensomotrice permette di riconoscere l'espressione dell'interprete.
Si tratta di un primo livello di significazione: quando si ascolta una musica, grazie al suono si comprende il gesto che effettivamente produce lo strumentista. Ma il suono puo evocare, immaginandolo, anche un gesto che avrebbe potuto effettuare un interprete. Se il suono che abbiamo ascoltato poco fa (il regolo sfregato forte e velocemente sul tavolo) fosse stato prodotto e registrato da un sintetizzatore, l'effetto sarebbe stato lo stesso. Avrebbe permesso di immaginare e di riconoscere il gesto che all'inizio è forte perché si spinge sull'oggetto e che successivamente diminuisce poiché si alleggerisce il gesto.
Dunque possiamo riassumere dicendo che l'integrazione dei gesti all'ascolto permette di tradurre le forme sonore in gesti reali o in gesti immaginari e la musica usa sempre questo passaggio dai gesti reali (di pianisti, violinisti, ecc.) ai gesti immaginari.
Tutti questi diversi livelli di movimenti giocano fra loro. Per esempio quando si imita un oggetto che cade (Delalande fa un suono con la lingua sul palato) il suono dà l'impressione di cadere. La musica evoca movimenti: ad esempio un Valzer di Chopin di cui ascolteremo un breve frammento ci ricorda il dondolamento; chi ascolta può percepire il dondolamento ma ciò non vuol dire che il pianista... dondoli!!
Questo pasaggio, dal gesto reale dell'interprete al gesto evocato da chi ascolta, non è universale ma si produce come un dato simbolico della musica occidentale.
Vorrei ora mostrarvi un altro esempio che a me piace moltissimo (e mi auguro anche a voi) che aiuterà a cogliere i livelli di lettura dei movimenti della musica: una melodia può evocare una forma di movimento, ma ci sono anche i movimenti degli interpreti che si possono riconoscere. Ma esiste, ancora, un'altra dimensione: quella che si produce nella persona che ascolta.
Vi mostrerò un video di una bambina di 4 anni che durante la pausa di ricreazione ascolta un movimento di un Concerto per Mandolino di Vivaldi. Aveva ascoltato il giorno prima insieme ai suoi compagni la musica di Vivaldi e aveva partecipato ad una improvvisazione collettiva insieme al gruppo. La maestra aveva notato la gestualità speciale della bambina e per questo motivo il giorno dopo durante la pausa, mentre i suoi compagni erano fuori nel cortile a giocare, l'ha invitata in palestra per videoregistrare la sua “lettura corporale” di Vivaldi. Non si tratta propriamente di una danza, ma piuttosto di una ricettività corporale che accompagna la musica che la bambina sta ascoltando.
La bambina si trova da sola di fronte alla telecamera. Si tratta di una situazione artificiale (da sola, in un grande spazio, di fronte alla telecamera e a chi sta riprendendo) e questa situazione contribuisce all'impegno della bambina. Se non ci fossero tutti questi dispositivi non si sarebbe ottenuto un risultato così bello. Dobbiamo sottolineare la grande concentrazione della bambina.
Questa bambina la ritroveremo in un'altra occasione. Per me questo è un esempio di analisi corporale e di invenzione gestuale. Ad esempio quando nella musica vi sono delle parti uguali lei ripete gli stessi gesti e questo è un fatto raríssimo. In lei troviamo diversi livelli di lettura della musica. La bambina mostra un'ampia varietà di livelli di lettura della musica. È in grado di ascoltare tanto chiaramente la melodía, la prima idea, quanto la seconda, la ripresa, ecc. e sottolinea questi cambiamenti con i suoi gesti, senza spostarsi.
Questo esempio ci permette di verificare che a quattro anni una bambina può immaginare il movimento evocato dalla musica, può ricordare o improvvisare dei movimenti. E si può notare, inoltre, la capacità di creare movimenti che sono abbastanza originali, aderenti alla forma musicale.
Questa è un'area aperta alla ricerca - osservare, confrontare, analizzare - che mi sembra molto interessante.
Adesso vi mostrerò un altro lavoro interessante. Si tratta di un piccolo gruppo di bambini di quattro anni (la classe è stata divisa per l'occasione in due gruppi). Dopo una passeggiata la maestra parla ai bambini degli alberi che hanno incontrato e delle radici. I bambini dicono che le radici sono buffe, ma non si sa perché lo dicono. Dopo la passeggiata e le osservazioni fatte dai bambini, tutti ritornano nella loro aula. La maestra propone di fare la musica delle radici. Si tratta di una strana proposta dato che le radici – si suppone - non fanno rumore...Il lavoro è in relazione con una forma di simbolismo che non ha niente a che fare con il realismo acustico.
Vorrei insistere su questo punto perché i bambini riproducono più o meno bene i suoni della natura, ma generalmente non cercano un suono reale a livello acustico. Per esempio se si riferiscono al mare, loro lo evocano simbolicamente con grandi onde, la tempesta, ecc.
Apro una parentesi; la maestra Monique Frapat (con cui ho lavorato molte volte) aveva immaginato una storia dove un personaggio caminava su dei sassi e successivamente su di un prato che non fa rumore. Pensava che i bambini avrebbero mostrato la differenza fra camminare su dei sassi e sul prato mentre i bambini non fecero nessuna differenza. Assolutamente niente.
Successivamente il personaggio principale doveva salire e scendere una scala; in questo caso si verificò una grande differenza nell'imitazione sonora che fecero i bambini. Per salire ci vuole un maggiore sforzo che per scendere e i bambini individuarono una differenza. Questo mostra che, nel caso di questo personaggio, i bambini non considerarono tanto il realismo acustico, quanto lo sforzo corporale, simbolizzando un'altra dimensione, ed è questo ciò che sembra interessante.
In un'altra occasione è stato proposto ai bambini di sonorizzare la caduta di una foglia e anche in quel caso i bambini fecero dei suoni molto leggeri raffigurando la foglia che cadeva.
È a seguito di queste osservazioni e in funzione delle relazioni che i bambini stabilivano, che l'insegnante Monique Frapat ha voluto metterli di fronte al problema degli alberi (le radici) che non producono suoni e ha chiesto: “Sareste capaci di far la musica delle radici?” E i bambini hanno risposto di sì.
Che cosa hanno fatto i bambini? Ascoltiamo e osserviamo il video.
I bambini conversano con l'insegnante e esprimono quello che pensano delle radici e dicono che sono buffe. L'insegnante chiede se le radici fanno dei suoni o dei rumori, uno dice di sì, altri dicono di no. Non c'è unanimità. L'insegnante domanda: “Da dove provvengono le radici?”
I bambini pensano che le radici vengano dal fondo della terra. Quindi l'insegnante sollecita a far silenzio per cominciare a tradurre in suoni la nascita delle radici e i bambini cominciano a emettere dei suoni strani e variati con la voce che aumentano in intensità e altezza.
DELALANDE. Non so che pensate voi, ma mi pare che si tratti di un'improvvisazione collettiva nella quale i bambini interagiscono, e si avverte una grande ricchezza nell'improvvisazione e nell'immaginazione sonora.
INTERVENTO. Questi fonemi che vanno oltre l'onomatopea, secondo il musicologo Philipp Tagg si chiamano “musemi”.
DELALANDE. Non conoscevo questo termine.
Proseguirò mostrandovi altri lavori di Monique Frapat; nelle sue classi si incontravano delle situazioni motivanti che provenivano dalla vita di classe, ma talvolta Monique creava situazioni artificiali. Per esempio una volta portò un burattino che ha successivamente rinchiuso nel suo armadio. Ogni tanto invitava i bambini a conversare con lei e a manifestare differenti stati d'animo – immaginari - nell'interazione col burattino. Questo gioco lo ha fatto per lungo tempo.
In un'altra occasione ognuno dei bambini aveva a disposizione un palloncino da dipingere, sul quale disegnare un viso. I bambini hanno vissuto in compagnia di questi palloni per un periodo dell'anno. Poi è arrivato il momento di liberare i palloncini e di far loro abbandonare la scuola. Da questa azione sono nate differenti storie e fatti immaginari che accadevano ai palloncini: un paio di palloncini si sposarono con la luna, altri se ne andorno in Cina. Questo ha dato l'occasione di parlare del paese orientale, delle sue abitudini, del cibo e tutto questo era immaginato e messo in musica collettivamente dai bambini. La vita della scuola dell'infanzia girava attorno alle storie immaginarie e sonore accadute ai palloncini che avevano lasciato la scuola e queste storie hanno dato origine a rappresentazioni e spettacoli fatti dai bambini.
Faccio menzione a questi episodi perché dimostrano che a livello di Scuola della Infanzia si possono creare e rinforzare delle situazioni immaginarie che arricchiscono collettivamente le attività simboliche dei bambini. L'età ideale per fare queste attività simboliche è quella dei 4 anni.
Ora vorrei fare una domanda: cosa succede a un bambino che, dopo aver fatto attività e giochi creativi alla Scuola dell'Infanzia, passa a studiare musica al Conservatorio? C'è un contributo che il bambino può dare all'adulto?