Discussione: intorno al gesto e all'espressione
SERGIO CANDIA. Vorrei fare due osservazioni: io non ho letto tutto ció che tu hai pubblicato, alcune cose soltanto, ma in generale sono molto d'accordo con quello che hai detto finora. Ma c'é un elemento su cui non sono d'accordo che potrebbe generare forse una discussione piú lunga in rapporto al concetto che tu denomini “gesto di accompagnamento”. Penso che sia una definizione cartesiana, molto francese fra il gesto che indica la lettura di una struttura, di una forma e ció che sarebbe l'accompagnamento che per la realizzazione di quella forma non sarebbe necessario.
Dalla esperienza d'interprete ho la sensazione che non esiste niente che sia di accompagnamento, che possa essere connaturale. Mi domando se avessimo obbligato Glenn Gould oppure Paganini a evitare quell'ipotetico gesto di accompagnamento si sarebbe preservato il gesto principale in rapporto alla sua interpretazione
DELALANDE. Puoi essere o no d'accordo con me ma mi pare che in questo caso siamo completamente d'accordo. E' ció che io dico nel senso che sto cercando “l'utilitá dei gesti inutili”, che sembrano di esserlo ma non lo sono. Tutti gli interpreti –la tua esperienza é un buon esempio- lo fanno, e non soltanto loro, ma anche le persone in generale: per esempio mentre parlo a volte muovo le mani. Fa parte di quello che io chiamo la “unitá della condotta”. Per esempio non puoi interpretare un passaggio musicale vigoroso con un atteggiamento –compreso il viso- molto tranquillo. Inversamente l'interpretazione di un passaggio vigoroso richiede la partecipazione di tutta la corporeitá.
Quindi, per vivere in pieno i suoni che si stanno producendo é necessario disporre di tutti i gesti che accompagnano effettivamente e che sono necessari per produrre i suoni mettendosi in una atteggiamento di carattere espressivo e impiegando tutti i movimenti che ognuno si sente di fare. Quando parlavi non mi sembrava che eravamo in discordanza, parlavi con la voce dell'interprete.
Penso che al momento di suonare non é possibile dissociare alcune parti corporali che hanno a che fare con la interpretazione, la respirazione, il rapporto corporale. Gli strumentisti dicono che tutti quei gesti servono. Non si possono sconettere. Bisognerebbe rispettare quella unitá della condotta arrivando persino a coltivarla.
SERGIO CANDIA. La seconda osservazione ha che fare con una domanda che qualcuno ha fatto prima e l'ho riscontrata in una Master Class dove l'insegnante voleva che un violinista suonasse una Sonata di Corelli che aveva molte fioriture e scale. Il maestro voleva che le scale ascendenti, descendenti, gli accelerandi, rallentandi risultassero naturali, che non fossero né troppo né troppo poco ed era difficile spiegarlo a parole. Il maestro chiese: “Tu sei salito sulla montagna russa?” Lo studente disse di si. “Bene, continuó dicendo il maestro, ricorda la sensazione quando il carro sale e lo fa poco a poco e che poi quando ormai é sulla cima il carro precipita e prende tanta velocitá. Immagina che il tuo arco sei te stesso che vai sulla montagna russa quando fai le scale.”
Il problema finí e le scale -da quel momento in poi- sorsero con naturalitá. Con questo esempio vorrei dire che la capitalizzazione di esperienze gestuali e di memoria corporale rimangono e che si possono trasferire, generalizzare e incorporare in tutti gli strumenti e danno ottimi risultati. Se non si fanno queste pratiche precedentemente é probabile che si abbiano delle difficoltá tecniche al momento di risolverli nel proprio strumento.
DELALANDE. Grazie, mi sembra molto interessante.l'esempio. Sono d'accordo sul punto centrale circa la idea di transfert che puó succedere a livello di motricitá. Per questo, la pratica a scuola con materiali che si possono soffiare, pizzicare, percuotere ecc. anche se non sono veri strumenti ma materiali grezzi, serviranno in futuro per la interpretazione strumentale.
OLIVIA CONCHA. Sono completamente d'accordo con Sergio Candia e con te François in quanto al movimento e che certi movimenti corporali comuni possono aggiungere qualcosa al suono nella interpretazione musicale. Sono andata a un concerto di una orchestra cilena e sono rimasta sorpresa dalla rigiditá corporale di tutti gli orchestrali faceva impressione la forma in cui erano seduti per la uniformitá dell'atteggiamento rigido e devo dire che il suono della orchestra mi risultò precisamente duro, poco espressivo. Sono rimasta impressionata dalla carenza di flessibilitá e di plasticitá al momento di suonare.
DELALANDE. La tematica del rapporto fra suono, musica, strumento è ampia. Risulta evidente che quando si suona uno strumento è bene sapersi regolare e limitare nei movimenti in modo che non siano esagerati, ma quando il movimento non è presente, è minimalista, basterebbe che si seguisse il carattere espressivo
INTERVENTO. In che modo si dovrebbe iniziare l'apprendimento dei movimenti mentre si suona, si canta? Penso che é importante di fronte ai bambini non imporre quello che lui deve o non deve fare mentre suona o canta; mi sembra che il movimento dovrebbe nascere in modo endogeno dal bambino sorgendo dalle sue capacitá, dal suo gusto, dalla sua creativitá, nascendo da quello che lui sente....
DELALANDE. Cioé non bisogna imporre i movimenti ai bambini, lui li dovrebbe fare mosso dal piacere di farli; la unitarietá del rapporto fra corpo e movimento dovrebbe scaturire naturalmente. A dire il vero, qui stiamo affermando che i movimenti dei bambini sono ‘naturali' ma invece dovremmo dire che il gesto é associato ad un fatto culturale....